In Italia la copertura forestale è triplicata in poco più di cento anni e, nel 2018, dopo molti secoli, il territorio nazionale coperto da foreste ha superato quello destinato a fini agricoli (Marchetti et al., 2018a). Dopo secoli caratterizzati da deforestazione e utilizzo intenso delle risorse forestali più facilmente raggiungibili e sfruttabili – che hanno causato impoverimento dei suoli e diminuzione della biodiversità animale e vegetale – tra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo si è assistito a una inversione di tendenza. Le aree rurali e montane hanno registrato un progressivo abbandono gestionale, favorito dal massiccio sviluppo industriale e urbano e da un forte disinteresse verso la valorizzazione delle risorse forestali locali (Romano, 2015). Negli ultimi decenni, tuttavia, la naturale ricostituzione ed espansione delle foreste è stata accompagnata da una particolare attenzione alla conservazione e alla valorizzazione degli aspetti naturalistici (oltre il 27% delle foreste italiane gode di un particolare regime di tutela naturalistico), alla conservazione del ruolo di protezione dei versanti e regimazione delle acque (circa l’86% delle foreste italiane è sottoposto a vincolo idrogeologico) e alla tutela del paesaggio (il 100% delle foreste italiane è soggetto a vincolo paesaggistico).
L’Italia è uno tra più importanti Paesi al mondo attivi nella trasformazione e lavorazione della materia prima legno ma, come conseguenza delle dinamiche precedentemente descritte, oltre l’80% della materia prima – utilizzata sia per scopi edilizi, sia, soprattutto, energetici – attualmente proviene dai mercati esteri, con ovvie problematiche in termini di sostenibilità totale (Economica, Energetica e Ambientale, EEA) delle filiere (Romano, 2015). Attualmente l’Italia ha le condizioni, le potenzialità e la responsabilità di gestire questo capitale naturale in modo attivo e partecipato, consapevole delle conseguenze locali e globali, e attento a mantenerne il ruolo multifunzionale.